VETRERIA CHIMICA

La vetreria chimica è forse la parte più importante all’interno di un laboratorio di analisi aziendale o medico. Sì perché se non si hanno gli strumenti giusti per poter maneggiare, manipolare, lavorare con le sostanze chimiche, le attività all’interno del laboratorio sarebbero pressoché ferme. L’importanza dunque di una buona vetreria chimica è alla base del successo di alcuni comparti industriali o di alcuni settori medici, che fanno delle analisi e del laboratorio il loro core business.

La vetreria chimica da laboratorio ha subito nel corso degli anni numerose evoluzioni e aggiornamenti da parte degli analisti o dei chimici che hanno fatto della ricerca in questo campo la loro vita. Alcuni strumenti da laboratorio che si usano tutt’oggi all’interno delle aziende o degli studi medici, portano ancora con loro il nome di chi, per particolari esigenze, ha progettato e poi realizzato quel determinato oggetto. Basti pensare al filtro Büchner, o ai condensatori di Liebig o di Graham o infine il pallone di Kjeldahl. Questi studiosi hanno permesso attraverso i loro studi e le loro innovazioni nel campo della vetreria chimica l’avanzamento della ricerca e il miglioramento della società e delle condizioni di vita del mondo. Sotto quest’aspetto la chimica fin dall’alba dei tempi, fin da quando era solamente alchimia, ha perseguito questo obiettivo, la possibilità di curare le malattia e di creare la vita. Dall’antico Egitto infatti, fino ad oggi, l’uomo non ha fatto altro che indagare attraverso lo studio alchemico e poi la chimica, la composizione dei materiali e la loro capacità di reagire con altre sostanze. Per fare questo ha avuto sempre la necessità di avere con sé strumenti adatti per poter svolgere il proprio lavoro e compiere la propria ricerca. Il vetro è stato sempre l’elemento che ha accompagnato insieme anche ai metalli, il percorso della scienza delle reazioni nel corso dei secoli. Per questo la vetreria chimica è così importante all’interno di un laboratorio, tanto quanto la ricerca e lo studio teorico. Noi di Spaziani cerchiamo di tornare all’origine della chimica ovvero a quando le nuove frontiere teoriche e sperimentali spingevano alla costruzione di elementi e strumenti da laboratorio sempre nuovi. Attraverso anche la ricerca dei materiali e lo sviluppo del vetro pyrex, continuiamo ancora oggi nella lavorazione artigianale del vetro a standard elevatissimi. Il nostro voler prendere origini dall’antico non è assolutamente un guardare indietro in maniera nostalgica, ma piuttosto un ricordare sempre che per fare nuove scoperte bisogna avere lo sguardo puntato all’innovazione e alla creatività. In questo modo siamo diventati leader nel settore della vetreria chimica e del glassware personalizzato, cercando di non dare limiti alla ricerca e alla creatività degli studiosi, accompagnandoli nella loro sperimentazione di nuove sostanze e di nuovi elementi utili allo sviluppo sociale e tecnologico.

Il vetro nella chimica

Dopo tutto non poteva che essere il vetro ad accompagnare la chimica nel percorso che nei secoli gli ha permesso di sintetizzare nuove sostanze e scoprire nuovi elementi. Questo materiale ottenuto grazie allo scioglimento della sabbia di quarzo in seguito ad un innalzamento improvviso della temperatura e al suo successivo raffreddamento, ha subito nel corso dei secoli un processo di raffinazione fino a diventare il materiale che conosciamo oggi. Usato già prima degli egizi dalle popolazioni mesopotamiche, il vetro ha costituito sempre un elemento di sfarzo e di ricchezza all’interno di tutte le società.

La sua preziosità dovuta al suo essere così delicato e trasparente si è scoperta necessaria per la successiva costruzione di strumenti per la vetreria da laboratorio chimica. Infatti attraverso il vetro si possono vedere limpidamente i colori dei liquidi formati dalle sostanze chimiche, si può paradossalmente tenere in mano un potentissimo acido o veleno che al solo contatto con la pelle potrebbe causare molti danni. Un materiale trasparente, quasi etereo il vetro, così fondamentale nella vetreria chimica. Il suo utilizzo infine nella costruzione della strumentazione da laboratorio è stata utilizzata poiché si è rivelato un materiale quasi totalmente inerte alle reazioni. Sono veramente pochi infatti gli strumenti da laboratorio o la vetreria chimica che non sono realizzati con questo materiale. La sperimentazione, la ricerca e l’innovazione in questo campo poi hanno registrato un’ulteriore passo in avanti, che può dirsi definitivo, quando Otto Schott sul finire dell’Ottocento inventò una nuova tipologia di vetro: il pyrex. La motivazione dell’utilizzo del pyrex nella vetreria laboratorio chimica è molto semplice: grazie alla sostituzione degli ossidi alcalini con l’ossido di boro, il nuovo materiale che conserva le stesse caratteristiche di trasparenza del vetro, diventa però più robusto e resistente agli sbalzi termici. Queste nuove e rafforzate caratteristiche hanno permesso il suo impiego massiccio nelle aziende e nella vetreria chimica delle aziende farmaceutiche, inoltre, grazie alla più elevata resistenza termica, il pyrex si è diffuso enormemente anche nella costruzione di oggetti per la cucina, come le pirofile.

Gli strumenti da laboratorio

Grazie dunque alla storia millenaria del vetro, alla sua plasmabilità costruttiva, ma soprattutto grazie alla capacità di essere inerte nei confronti della maggior parte delle sostanze e degli elementi chimici, questi è diventato il materiale principe per la costruzione della vetreria laboratorio chimica. Gli strumenti da laboratorio utili al lavoro dell’analista, sono molti e farne un elenco completo porterebbe via molto tempo. Entrando però all’interno di un laboratorio c’è della vetreria chimica di base che non può mancare. Già solo immaginando un chimico analista al lavoro lo immagineremmo con il camice bianco, degli occhiali protettivi a proteggere i suoi occhi, mentre versa del liquido da un contenitore a un altro. Ecco quei due strumenti della vetreria laboratorio chimica molto probabilmente sono un becher chimica e una provetta. Questi due elementi all’interno della strumentazione di un’analista chimico sono la base per il suo lavoro. Entrambi infatti sono contenitori che permettono, oltre a conservare liquidi e sostanze chimiche anche a lasciarle sedimentare. Alcune provette, progettate appositamente, possono essere impiegate anche per l’ebollizione del liquido che contengono; in questo caso però devono essere prodotte con vetro più spesso e di forma più grande e larga.

I cilindri

Altri strumenti da laboratorio indispensabili da avere nella propria vetreria chimica per un analista sono i cilindri. Questi contenitori fabbricati in vetro pyrex o talvolta anche in plastica, in base all’uso che se ne deve fare in laboratorio, hanno una forma cilindrica e la loro base risulta più larga per permettere un appoggio più saldo sul piano d’appoggio. Questi strumenti da laboratorio sono molto funzionali, vengono utilizzati per la misurazione dei liquidi e grazie al loro beccuccio sono adeguati anche al travaso delle sostanze che contengono. Alcuni di essi, che magari devono contenere sostanze chimiche ad alta volatilità, hanno nella loro dotazione anche dei tappi semplici in polipropilene o, ma sono meno comuni dei precedenti, dei tappi a vite.

Il matraccio

Il matraccio (la cui origine della parola si perde tra arabo e greco e il cui significato è semplicemente quello di “otre, vaso”) è un recipiente che fa parte della vetreria chimica e che può avere diverse forme in base alla sua capacità di contenimento. Nella descrizione di questo elemento della vetreria chimica egli si riconosce per il suo lungo collo stretto che scendendo si allarga in una pancia più ampia dalla forma sferica, terminando con un fondo piatto. Sul lungo collo dei matracci è presente una tacca che definisce in maniera puntuale la capacità di quel contenitore. Questi strumenti da laboratorio, a causa della loro capacità fissa, vengono usati per preparare soluzioni chimiche a concentrazione già nota.

I palloni

Simili ai matracci e molto spesso confusi nell’immaginario collettivo dell’analista chimico sono i palloni. Questi strumenti da laboratorio oltre ad avere diverse grandezze in base alle loro capacità di contenimento dei liquidi, hanno anche diverse forme che cambiano in base all’utilizzo che se ne vuole fare o al lavoro che si sta portando avanti. Di base questo tipo di vetreria chimica serve agli analisti all’interno di un laboratorio per portare ad ebollizione i liquidi. La loro forma dunque è simile a quella di un matraccio ma con la differenza che il loro fondo non è piatto ma sferico; si avrà quindi una sfera di vetro con dei colli molto lunghi. Quest’ultimo particolare diventa necessario al fine di evitare che una volta portato a ebollizione il liquido al suo interno, questo possa fuori uscire dal recipiente. Di questi strumenti di laboratorio esistono anche esemplari in gergo detti codati, ovvero che presentano una estensione del tubo laterale attaccata al collo del recipiente. Il diametro di questa appendice del collo del pallone è in genere molto più piccola rispetto all’ampiezza del collo. Questi strumenti particolari che fanno parte della vetreria laboratorio chimica sono necessari all’analista per effettuare operazioni di distillazione di sostanze. Ancora un altro tipo di pallone è quello che prende il nome dallo studioso e tedesco Wilhelm Schlenk. Questo tipo di vetreria chimica viene utilizzata per la manipolazione di alcuni composti che sono sensibili all’aria. La loro particolarità è che su collo del pallone presentano un braccio laterale fornito di un rubinetto in politetrafluoroetilene (PTFE), o vetro smerigliato, che permette di creare il vuoto all’interno del recipiente precedentemente tappato, o di inserire al suo interno del gas inerte per permettere l’operazione stabilita.

Gli imbuti

Altri elementi di vetreria da laboratorio chimica molto semplici nel loro concetto ma che poi possono assumere delle forme variabili sono gli imbuti. Questi strumenti nella loro forma più semplice sono come quelli che si utilizzano nella vita quotidiana ovvero formati da due tronchi di cono, di cui uno largo, quello superiore, e il secondo molto più stretto, funzionale all’incanalamento dei liquidi anche nei contenitori con bocca molto stretta. Molte volte questa tipologia di imbuto viene utilizzata anche per la filtrazione di alcune sostanze chimiche liquide; per fare tutto questo è necessario però l’ausilio di filtri di carta che opportunamente piegati al suo interno permetto la purificazione del liquidi che si vogliono ottenere. Un altro tipo di imbuto che deve essere necessariamente presente all’interno di un laboratorio chimico aziendale o farmaceutico è l’imbuto separatore. La sostanziale differenza tra questo tipo di imbuto e quello precedentemente descritto è che in questo particolare elemento di vetreria chimica, la parte superiore del cono più largo può essere chiusa da un tappo grazie alla sua forma che si restringe. La parte inferiore invece, ovvero quella formata dal tubolare molto stretto, contiene un altro elemento molto importante, ovvero un rubinetto. Questo particolare tipo di imbuto, detto separatore è utilizzato per separare liquidi non miscibili, come l’olio e l’acqua: infatti i due elementi liquidi posti all’interno di questo imbuto, lasciati a riposo tenderanno inevitabilmente a separarsi a causa del loro peso specifico differente. Una volta differenziati i liquidi si potrà azionare il rubinetto, facendo fuori uscire il liquido con peso maggiore e lasciando al suo interno quello più leggero, portando così a termine la separazione.

Il becher chimica

Infine un ultimo elemento molto famoso sia nell’immaginario collettivo dell’analista sia necessario all’interno di un laboratorio è il becher (che può essere scritto anche come beaker o beker). Questo essenziale strumento della vetreria laboratorio chimica può essere realizzato sia in vetro borosilicato (pyrex) o in altre materie plastiche come il polipropilene o il polimetilpentene. Il becher chimica è di forma cilindrica con le pareti graduate per controllare il livello interno dei liquidi che contiene. Se prodotti in vetro questi possono essere messi direttamente sulla fiamma di un becco Bunsen, per riscaldare la sostanza al suo interno o per portarla a ebollizione. Alcuni becher chimica realizzati invece in plastiche che hanno in sé le caratteristiche di inerzia chimica e resistenza, sono studiati anche per essere inseriti in autoclave, per lassi di tempo molto brevi, resistendo anche a temperature che possono arrivare a 170 gradi centigradi. Meno comuni ma in realtà dalle proprietà molto funzionali sono i becher termostati, che oltre a contenere liquidi e poter supportare il riscaldamento diretto su di un becco Bunsen, mantengono il liquido contenuto al loro interno ad una temperatura costante.

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